Nel XVII secolo i rapporti commerciali e di lavoro dei ceramisti di Burgio con i centri ceramici di Sciacca e Palermo si intensificarono, tanto che alcuni artigiani possedevano spesso due botteghe e tra questi Giuseppe Cirafici, che pur avendo a Burgio una bottega lavorava anche a Sciacca, essendo socio per un certo periodo del maestro Giuseppe Bonachia, uno dei più conosciuti ceramisti dell’epoca.
Questi continui scambi consentirono ai ceramisti del luogo di arricchire la decorazione di albarelli e “burnie” dei corredi apotecari, mescolando i motivi vegetali della tradizione calatina con quella tardo-rinascimentale saccense e palermitana. Sono testimonianza di questo gusto di transizione i vasi, le bottiglie e gli albarelli della collezione dell’ Istituto d’Arte a Palermo, caratterizzati da una decorazione a trofei con medaglione centrale alternati a fitti motivi vegetali. Inoltre il motivo del fiordaliso e la ricca vegetazione di foglie e frutta, di origine saccense, sostituiscono spesso i trofei e il decoro a spina di pesce usato sempre più frequentemente dai ceramisti burgitani. Elementi identificativi della produzione del XVII secolo sono la fascia decorativa ad ovuli, lo scudo con decorazione antropomorfa dipinto al centro dei trofei simile alla faccia della luna.
I documenti archivistici hanno messo in evidenza che erano numerosissime le commissioni ai ceramisti burgitani di vasellame per farmacia e di uso comune come quartare, cannate, oglialori, piatti e pignate stagnate anche perché richieste nelle fiere di tutta la Sicilia.
Sono invece esigue le notizie riguardanti le pavimentazioni prodotte a Burgio, realizzate in gran quantità nella vicina Sciacca per la presenza di noti maestri come per esempio i Bonachia, i Giuffrida. Non è possibile individuarne con esattezza le caratteristiche stilistiche, decorative e cromatiche, se non tenendo presente qualche frammento che documenta l’ adesione ai motivi tardo-rinascimentali, come per esempio i mattoncini ottagonali con motivi floreali provenienti dalla Chiesa di San Vito a Burgio ed un residuo della vecchia pavimentazione della Chiesa di Sant’ Agostino di Chiusa Sclafani, con una decorazione modulare dipinta in modo sommario, formata da una cornice mistilinea e un motivo vegetale affine a quella saccense di derivazione ligure.