L’architettura può essere poesia? […]
Possiamo dire che l’architettura che noi vorremmo essere poesia dovrebbe chiamarsi armonia, come un bellissimo viso di donna. […]
L’architettura è un linguaggio molto difficile da comprendere – è misterioso, a differenza delle altre arti
Carlo Scarpa
Lo spazio espositivo del MUCEB è formato da vari ambienti, dalla dimensione mutevole ma aventi proporzione armonica che induce alla meditazione.
Salendo al piano si arriva in un piccolo foyer di forma allungata e composto da una successione di vani ove ha luogo la reception. Da qui si accede ai due spazi espositivi, la sala grande longitudinale e quella più regolare e quadrangolare. Qui l’allestimento è formato da quinte architettoniche a parete o di separazione, in materiale grezzo e sostenibile, formanti occasione di vani contenitore (vetrine integrate e varchi con luce naturale) o elementi di separazione (setti strutturati) che individuano spazi espositivi mostra a sé stanti, ove hanno luogo proiezioni con contaminazioni musicali.
L’uso del materiale grezzo e sostenibile con finitura superficiale morbida e neutra costituisce uno degli elementi espressivi portanti del progetto, scelto e pensato per rispettare lo spirito “essenziale” che connota i luoghi.
Un percorso leggermente inclinato a terra espone le maioliche della collezione Giallo e termina con un piano ove trovano posto manufatti ceramici di grande formato, provenienti da collezioni pubbliche e private.
Pannelli didascalici e didattici, progettati nel rispetto di un equilibrio paritetico fra testi e immagini, scandiscono tutto il percorso espositivo partendo dal foyer, alla ricerca di un effetto di “stemperamento” dell’informazione didattica frontale, che si propone come una presenza costante che rassicuri il visitatore che cerchi l’approccio tradizionale con un testo, ma nello stesso tempo non sia prevaricante e può essere serenamente integrato alla fruizione dei materiali esposti o escluso del tutto per rimanere come semplice elemento di arredo.
Da qui si giunge alla parte più connotata del percorso, gli spazi delle ex celle. Il luogo, incantevole e pacifico, restituisce al visitatore il portato della memoria del modello monastico. L’adattamento di questi ambienti, silenziosi ma “parlanti”, alle esigenze espositive avviene mediante una semplice quinta architettonica che sostiene esili vetrine, trasparenti e sottili, illuminate ora dalla luce naturale, che esplode dai piccoli ma potenti varchi, ora da una idonea luce artificiale calda e poco vibrante.